Quanto può essere grande un laboratorio di restauro? La collaborazione tra UNIURB e USEK (Parte 2)

Quanto può essere grande un laboratorio di restauro? Ce lo siamo già chiesti nel precedente articolo, dove abbiamo intervistato Laura Baratin a proposito della collaborazione interuniversitaria tra UNIURB e USEK, un progetto che idealmente riunisce sotto un grande laboratorio comune le esperienze della Scuola di Conservazione e Restauro dell’Università di Urbino con quelle dell’Università di Santo Spirito di Kaslik, in Libano, dove il Corso di Studi triennali in Conservazione e Restauro è attivo dall’A.A. 2018 – 2019. 

Per questa nuova “puntata” che racconta questo gande progetto, abbiamo intervistato Agnese Maltoni, laureata presso l’Università di Urbino e giovane restauratrice, che ha seguito in qualità di docente alcuni moduli dei laboratori presso l’USEK. Ecco cosa ci racconta dell’attività pratica sulle opere, del rapporto con gli studenti e dell’importanza di questo progetto.

Qual è stata la sua esperienza all’interno della collaborazione tra UNIURB e USEK?

[A.M.]: Mi sono recata due volte presso i laboratori dell’USEK come docente per svolgere alcuni laboratori e per impostare un percorso didattico volto prima di tutto alla conoscenza dei materiali e al degrado delle opere d’arte.
Sicuramente aver frequentato l’UNIURB anche da studentessa mi ha consentito di poter imitare l’approccio formativo che avevo ricevuto in prima persona e riproporlo agli studenti dell’USEK. Come detto dalla prof.ssa Baratin, infatti, era importante fornire a docenti e studenti in Libano una certa uniformità metodologica rispetto alla formazione che viene erogata qui in Italia e che segue delle linee guida europee, per cui la mia esperienza prima come studentessa UNIURB e poi come assistente all’interno dei laboratori di Urbino sono state fondamentali!

Come è stato lavorare come docente all’interno dei laboratori dell’USEK?

[A.M.]: L’esperienza di docenza è stata sicuramente molto stimolante, gli studenti hanno sempre mostrato interesse. Siamo partiti insieme dall’allestimento dei laboratori accogliendo con entusiasmo le strumentazioni e i materiali che arrivavano, questo ha subito permesso agli studenti di prendere confidenza con il loro laboratorio e imparare a destreggiarsi al suo interno.
I laboratori svolti insieme sono stati subito focalizzati sulla conoscenza dei materiali costitutivi delle opere d’arte, anche grazie alla costruzione di modelli sia di dipinti su tela e tavola, sia di affreschi. Successivamente abbiamo approfondito insieme gli aspetti riguardanti il degrado e l’approccio al restauro. Inoltre, visto che la maggior parte delle opere presenti in laboratorio necessitavano di ritocco ci siamo dedicati allo studio del colore e dei diversi metodi di ritocco esistenti e usati da noi in Italia.

Parliamo delle opere che sono già state restaurate. Di che cosa si tratta, mi può raccontare qualcosa sui manufatti e sugli interventi? Ricorda un intervento o un’opera in particolare?

[A.M.]: Premetto che gli studenti non sono intervenuti immediatamente sulle opere, esattamente come succede nell’Università di Urbino: prima si lavora su modelli e si cerca di dare il maggior numero di nozioni possibili riguardanti il degrado e di approfondisce la conoscenza sui materiali costitutivi delle opere d’arte.
Due opere che sono state restaurate noi laboratori dell’USEK sono per esempio, Notre Dame de la Deliverance che presentava numerosi problemi di adesione della pellicola pittorica, soprattutto in corrispondenza del volto della madonna e dell’aureola dove in un precedente intervento era stata applicata una corona posticcia rovinando con adesivi non idonei il dipinto, e Saint’ Antoine le Grand, che invece presentava problemi di tensionamento, vi erano numerosi depositi coerenti, cadute di pellicola pittorica e uno strappo netto nella parte inferiore.
I ragazzi hanno collaborato al restauro dei manufatti.

Come sappiamo, culture diverse spesso hanno non solo un Patrimonio storico-artistico differente, ma hanno sviluppato nel corso dei secoli un approccio differente alla sua conservazione. Secondo lei, l’accordo tra UNIURB e USEK può essere utile per lo sviluppo di un approccio alla conservazione e al restauro sempre più consapevole e inclusivo?

[A.M.]: Per me, la diversità culturale e le differenze storico-artistiche rappresentano sicuramente crescita. Per fare un esempio: i restauratori Italiani hanno la possibilità di apprendere e osservare tecniche artistiche diverse arricchendo così il proprio bagaglio di esperienza sia sul piano scientifico sia su quello culturale.
In più l’approccio al restauro negli ultimi anni si sta facendo via via sempre più scientifico e l’importanza della conservazione è più che mai universale!
L’arte e il patrimonio culturale di un paese sono la sua ricchezza e la volontà di conservarlo e tramandarlo è in grado di abbattere le differenze culturali che non sono un ostacolo ma diventano un occasione di arricchimento reciproco. Penso quindi davvero che la collaborazione tra UNIURB e USEK vada in questa direzione!

 Veronica Tronconi

IMMAGINE DI COPERTINA: Dettaglio del dipinto Notre Dame de la Deliverance, restaurato presso i laboratori dell’USEK. Fotografia di Agnese Maltoni